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martedì 10 febbraio 2009

Foibe, noi non dimentichiamo...

E’ ripugnante leggere le dichiarazioni di molti esponenti della Prima Repubblica che, in occasione della ricorrenza del “Giorno del ricordo”, esprimono dolore e condanna contro i crimini compiuti dai comunisti jugoslavi ai danni della popolazione italiana delle terre di Istria, Dalmazia e Fiume. Saranno ancora più indigesti gli interventi che nella giornata di domani, 10 Febbraio, giorno fissato per legge per ricordare i martiri delle foibe, faranno nelle scuole e in pubbliche manifestazioni le cosiddette autorità.

Il silenzio terribile, con il quale si è voluto cancellare per tutto il dopoguerra quella pagina drammatica vissuta dal popolo italiano, non può essere dimenticato, né si deve consentire che con parole di circostanza si possano mettere la coscienza a posto tutti coloro che, pur rivestendo importanti cariche istituzionali, o avendo un ruolo al vertice dei partiti, hanno persino consentito che quei crimini potessero essere cancellati dai libri di scuola. I comunisti jugoslavi, grazie alle delazioni che facevano i comunisti italiani che vivevano in quelle terre, poterono fare la caccia all’uomo, impunemente, casa per casa: uccidere, stuprare, violentare, picchiare, bastonare, trascinare per le strade vittime innocenti. Uccidere un italiano non era reato. Uccidere un italiano significava anche avere riconoscenza da parte di quel comunismo che non si fece scrupolo di imporre il silenzio.

Gli italiani di quelle sacre terre o i loro discendenti, ancora oggi aspettano il risarcimento morale e materiale di quanto hanno dovuto subire le loro famiglie. Quando si parla di foibe bisogna ricordare – nel caso contrario si perde la dimensione della tragedia e delle atrocità compiute - che gli italiani venivano messi in fila, sul bordo delle fosse carsiche, legati uno a uno con filo spinato, poi i criminali comunisti sparavano ai primi e agli ultimi della fila, in modo che il peso dei cadaveri potesse portare dentro la foiba chi era ancora vivo. Quando i sopravvissuti riuscirono a fuggire non ebbero dai governi di allora, i cui esponenti si dicevano uomini di chiesa, alcuna assistenza, alcun sostegno. Da soli, quegli uomini e quelle donne straziati dal dolore delle carni, dovettero ricostruire la loro vita e muoversi come se avessero loro qualcosa di cui doversi vergognare. Il villaggio dalmata a Roma non fu costruito per i profughi, si trattava di casupole costruite per gli operai che lavoravano nel cantiere per edificare l’Eur. Quelle case, poi, per lungo tempo furono abbandonate e i profughi trovarono lì un tetto sotto cui ripararsi. In una di quelle case, per anni, mani pietose e coraggiose hanno raccolto documenti testimonianze, fotografie, bandiere: lì, in un piccolo museo, si può ritrovare la storia, l’orgoglio e l’identità di quei nostri connazionali.

L’istituzione del “Giorno del ricordo” è una delle pochissime cose di destra che hanno fatto le maggioranze di centrodestra che hanno vinto, per ben tre volte, le elezioni politiche. Anche il film prodotto dalla Rai, nonostante molte sono le critiche che si possono fare al contenuto e al linguaggio di quella pellicola, fu possibile perché la destra, allora più forte e più identitaria all’interno del centrodestra, operò in modo tale che gli italiani, finalmente, potessero conoscere la storia di quel nostro popolo così martoriato. I giovani devono stare attenti, perché se oggi, personaggi al vertice delle istituzioni, senza pagare alcun prezzo possono dichiararsi indignati di quanto allora accadde, senza fornire alcuna giustificazione della loro complicità del silenzio, queste stesse persone non possono essere credibili e non possono garantire un futuro alle nuove generazioni.

Oggi, ogni militante de La Destra , ovunque si trovi e ovunque gli sarà possibile, gridi con forza alla vergogna dell’Italia, che ha avuto una classe dirigente complice degli assassini, quegli assassini che nel linguaggio comune vengono chiamati “titini”, ma che, in realtà, erano assassini comunisti. Un’altra verità, che prima o poi emergerà nonostante il tentativo dei complici di allora e dei transfughi di oggi di nasconderla, e anzi di rappresentarla distorta, è quella che vide i combattenti della Repubblica sociale italiana lottare contro le armate sanguinarie del dittatore Tito, che uccidevano gli italiani, e contemporaneamente opporsi, anche con le armi, ai tedeschi che per rappresaglia, anch’essi, uccidevano gli italiani. Solo grazie ai combattenti della Rsi furono salvate miglia e migliaia di vite umane. Prima o poi anche questa storia verrà alla luce.

Teodoro Buontempo, Presidente Naz.le del Partito

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