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venerdì 18 marzo 2011

La crisi più grave è quella culturale!

C’è un mio amico che pochi anni fa sosteneva con passione che bisognava proporre, sulla scia di alcune nazioni europee, l’istituzione del "filosofo di quartiere". Non lo presi molto sul serio, ma oggi mi devo ricredere. Si parla tanto di crisi in questi tempi: crisi economica, crisi politica, crisi sociale, crisi morale, crisi culturale.

Mai come in questo momento parola fu più indicata; infatti siamo in un periodo di crisi totale, dove coloro che hanno assunto la gestione dei rapporti fra gli Uomini sono incapaci di affrontare e risolvere il problema epocale che stiamo attraversando. Purtroppo la sconfitta delle Idee nuove durante l’ultima guerra mondiale ha fatto sì che il potere cadesse in mano ai gestori dell’Economia che, nei decenni successivi, hanno trasformato sempre più l’economia produttiva in economia finanziaria, con conseguente distacco dai rapporti con i più reali valori umani.

La Politica, che avrebbe dovuto condurre il progetto di una vita più equilibrata fra i Popoli ed i detentori delle risorse, a sua volta, si è messa al servizio di questi ultimi, abdicando totalmente al proprio ruolo. La totale dedizione del potere finanziario alla ricerca del profitto personale a scapito dei rapporti umani, unita all’assenza prezzolata dei politici, ha prodotto una progressiva cancellazione delle conquiste sociali del secolo scorso. Il mercimonio delle coscienze, la globalizzazione, e conseguente massificazione, dell’informazione, la mancanza di riferimenti svincolati dalla logica del profitto, hanno ridotto l’Uomo ad un mero oggetto di consumo, privo di tensioni morali ed incapace di indignarsi. In questo clima rassegnato e scarsamente impegnato, i Valori etici sono dimenticati e la stessa Chiesa, nell’inutile tentativo di ridurre il calo delle “vocazioni”, ha rinunciato ad alcuni elementi della sacralità del “rito”, piegandosi alla terribile logica del mercato.

In questo clima anche la cultura è diventata uno strumento del mercato, perdendo la sua spinta creativa e propulsiva che, nei secoli passati, ha fatto dell’Europa un faro per l’umanità tutta ed uno strumento di crescita per il mondo intero. E’ chiaro che quando parliamo di crescita, non ci riferiamo al PIL, come avviene oggi, ma alla crescita culturale, umana e sociale, che sono le reali “unità di misura” del miglioramento di una società: l’unico segnale in base al quale una comunità può diventare faro di civiltà. Oggi, il sistema economico è in crisi; il capitalismo in tutte le sue forme è incapace di risollevarsi e di riprendere la folle corsa verso il profitto totale; si sta dissolvendo nella sua stessa perversa logica delle leggi di mercato. I primi popoli che inizieranno a farne le spese sono proprio quelli europei, ormai resi incapaci di dare differenti tipi di risposte, culturali e politiche, al folle imbarbarimento economicista d’oltreoceano. La crisi economica è irrisolvibile se non si esce dallo schema liberista e dalla ferrea ed aberrante logica delle leggi del mercato. In questa logica, la Cina, ormai, la fa da padrona: spregiudicata nell’appropriarsi della tecnologia altrui, servendosi del lavoro schiavistico e minorile, privo delle più elementari tutele sociali, sta invadendo il mercato mondiale con i propri prodotti, con i propri soldi e con i propri uomini, veri e propri avamposti di occupazione.

L’economia cosiddetta occidentale è incapace di resistere, se non ricorrendo alle stesse modalità lavorative, con il conseguente aggravarsi dei problemi politici e sociali; ma anche questo è un palliativo. Se poi aggiungiamo la notizia di questi tempi che la Cina sta delocalizzando le proprie fabbriche nella Corea del Nord, dove la manodopera costa ancora meno, ci rendiamo conto che questo tipo di battaglia è definitivamente persa. Vogliamo ancora tenere gli occhi chiusi e non renderci conto di quello che sta accadendo nel mondo? Vogliamo ancora crogiolarci nell’idea che l’ombrello USA possa salvare l’Europa, che non esiste? Quello che sta accadendo sull’altra sponda del Mediterraneo è altamente significativo. Le ribellioni sedicenti democratiche di quei popoli mussulmani, sono pesantemente finanziate dalla Cina. Lo stesso Referendum che ha staccato il Sudan del Sud, che si è scoperto ricco di giacimenti petroliferi, da quello del Nord è stato palesemente finanziato con soldi provenienti dalla Cina.

Non possiamo nemmeno sostenere di essere circondati, perché, noi popoli europei li abbiamo in casa. Come proteggere la nostra storia, la nostra cultura, la vita dei nostri figli? Semplice ma non facile: liberiamoci di una classe politica imbelle e rassegnata, riconduciamo l’economia al servizio della politica, ricreiamo lo Stato Sociale, reintroduciamo il concetto di partecipazione autentica, restituiamo dignità al lavoro e mettiamolo in sinergia con il capitale, ristabiliamo una corretta linea di demarcazione fra i poteri dello stato, creiamo il senso della Comunità con un rinato senso civico da insegnare nelle scuole sin dalla prima età, restituiamo significato e valore alla Famiglia, puntiamo ad una vera Europa federale politicamente unita. Insomma ci vuole una rivoluzione culturale che riporti l’Etica nella Politica, che deve riprendere il suo ruolo di guida di una Comunità che crea civiltà. Ecco perché mi viene da pensare che il mio amico che voleva i “filosofi di quartiere” aveva ragione. Il tempo sta per scadere ma ce la possiamo ancora fare.

(tratto da www.adrianotilgher.it)

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