In seguito all'omicidio diversi militanti dell'MSI si recarono sul luogo, e allo stesso modo vi si recarono numerosi membri dei gruppi di estrema sinistra: la presenza dei due gruppi antagonisti sfociò in tafferugli e scontri che resero difficile l'intervento delle Forze dell'Ordine. L'omicidio venne poi rivendicato dai “Comitati Comunisti Rivoluzionari”, un'organizzazione paramilitare riconducibile a “Prima Linea”. Nell'ambito del maxiprocesso a “Prima Linea”, celebrato nel 1984 a Milano, la Corte d'Assise del capoluogo lombardo emise due condanne all'ergastolo per Bruno La Ronga e Giovanni Stefan, ritenuti esecutori materiali dell'omicidio. Il terzo membro, Enrico Galmozzi, ricevette una condanna a 27 anni grazie al pentimento dimostrato. Piero Del Giudice, un altro membro dell'organizzazione, venne condannato a 28 anni come concorrente morale nell'omicidio. Dagli atti del processo emerse che Pedenovi era stato scelto come vittima per via della facilità con cui lo si sarebbe potuto attaccare. Dopo un primo esame di alcuni dei nomi pubblicati sulla lista di “Lotta Continua”, si scoprì che probabilmente il commando aveva scelto Pedenovi per via delle sue azioni metodiche e per la sua sostanziale assenza di sospetti e difese. La sentenza della Corte di Cassazione modificò in parte le sentenze: ridusse a 29 anni l'ergastolo di La Ronga, confermò i 27 anni di Galmozzi e l'ergastolo a Stefan, ed assolse Del Giudice. Al momento della sentenza, Stefan risultava addirittura latitante.
Il 29 Aprile 2006, nel trentesimo anniversario dell'omicidio, è stata posta una targa commemorativa sul luogo dell'omicidio.
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