
"Ferocior ad rebellandum quam bellandum gens" cita Livio parlando del valoroso popolo che secoli fa abitava le nostre terre, sottolineandone i tratti tipici del temperamento. Un popolo con cui Roma dovette fare i conti, in una guerra che, pensata rapida e semplice, si rivelò tutt’altra cosa. Ben duecento anni durò la cruenta battaglia che i romani intrapresero contro la gente italica che abitava la Valle del Liri e le paludi pontine: tanto fu grave e scomoda la ferita inflitta da questi Pastori-Guerrieri a Roma, che i conquistatori dall'Aquila Maestrale decisero di non lasciare traccia della presenza di quel popolo di Ribelli che tanto filo da torcere diede loro.
Oggi cosa possiamo dire di loro? Chi furono questi “barbari” che riuscirono pure a contrastare la Testudo? Poco è rimasto della loro presenza sulle nostre terre, qualche resto di un tempio o di un oppida, alcune citazioni di Tito Livio e Diogini di Alicarnasso nelle loro opere, l'onore portato da alcuni illustri cittadini romani "d'adozione" come Cicerone (era di Arpinum) o il coraggio dimostrato da alcuni audaci condottieri (si pensi a Vitruvio Vacco a Fundi o Gneo Marcio Coriolano a Coriolae) le cui gesta riecheggiano ancora dopo secoli di silenzio ed occultamento. I Volsci erano un popolo assimilabile per cultura e stile di vita agli Spartani, soprattutto per ciò che concerne il senso di appartenenza alla Comunità, il legame ai Costumi della propria gente e la concezione elitaria che avevano della Società (concepita in maniera organica e corporativa), mostrando un vero e proprio Culto del Migliore. Era costume dei Volsci, infatti, avvolgere i figli nati nel periodo invernale, considerato caro a Dekluna, la dea della Natura e della Prosperità, in un panno particolare che li avrebbe consacrati al Ver Sacrum, la "Sacra Migrazione". Colui che era considerato adulto doveva prendere un minimo indispensabile di viveri e seguire l'animale cui fu consacrato in fasce, fino a quando questo non l'avesse portato nel posto migliore per poter costruire, insieme ad altri emigranti del suo villaggio, un altro piccolo nucleo abitativo idoneo al fabbisogno di una piccola comunità di pastori e coltivatori. Una sorta di Agoghé volta però all'espansione del nucleo principale.
La struttura politica che avevano era particolarmente semplice ma al tempo stesso più sviluppata rispetto ai Romani e ad altri popoli italici. Alla base della società c'era un Pagus, un insieme di nuclei familiari che costituivano una realtà rurale gestiti da uno Meddix. Una realtà comunitaria, questi Pagus, in cui tutti i membri erano legati tra loro da un Vincolo di Appartenenza, tutti i membri facenti parte di questo nucleo avevano degli obblighi ben precisi nei confronti del resto della loro Comunità, se uno di loro non era in buone condizioni gli altri membri del gruppo si occupavano della sua famiglia e dei suoi possedimenti finchè non si rimetteva in salute, si condividevano i viveri con i parenti di un defunto o, qualora ci si trovava in un periodo di carestia, una visione, in sostanza organica della comunità. Dopo i Pagus, c'erano le Oppida, una sorta di "Borgate" costituite da membri adulti del Pagus che si costituivano in prossimità di questi, e al di sopra di queste strutture esistevano i Tauto, l'insieme di tanti Pagus e Oppida che costituiva una specie di istituzione comprensoriale maggiore cui partecipavano gli Ediles, rappresentanti della nobiltà delle varie comunità sia maggioranza che opposizione, che portavano al Tautorum le istanze dei loro centri.
Erano profondamente legati alla loro religione di tipo animista. I boschi che circondavano i loro villaggi erano consacrati alle loro divinità, in essi si svolgevano le funzioni sacre e si chiedeva il buon auspicio agli dei. Avevano una visione del mondo molto legalitaria e legata ai dogmi religiosi, tant'è che il Meddix e il Tautorum erano sempre affiancati dai sacerdoti che sedevano nel Consiglio assieme agli Ediles, ed insieme a loro cercavano di volgere l'azione politica secondo i valori religiosi e il senso comune in cui si riconosceva il popolo volsco. La Famiglia e le Tradizioni erano la spina dorsale di questa civiltà, che diede prova anche in battaglia del suo valore, dimostrando che la volontà di autodeterminazione di un popolo è capace di gesti di grande coraggio come le dure lotte intraprese tra Anxur e Satricum, città che per anni passarono tra le mani dei romani e quelle dei possessori originari.
Oggi di questo valoroso popolo combattente rimane solo un ricordo impresso sui resti delle sporadiche rovine delle mura disperse in tutto l'Agro-Pontino, residuo dei grandi che occuparono questa terra prima di noi (si pensi a Fundi, Apiolae, Anxur, Satricum, Anzium, Vellitrae, Formiae, Cajeta, Setia, Suessa Pometia, Minturnae, Pipernum, e molte altre). Ricordo, questo, che ci sproni ad essere coraggiosi come furono questi nostri avi, così determinati a difendere la loro Civiltà che non esitarono ad affrontare quello che, secoli dopo, sarebbe stato l'Impero che colonizzò buona parte del mondo allora conosciuto. Così legati alle loro Tradizioni, da farci ricordare quanto sia importante portare avanti, senza timore, quei valori che sanciscono l'Identità di un popolo. Che le gesta dei nostri prodi condottieri risvegli lo spirito e la volontà di riscatto della nostra terra su Roma.
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